Tutto a buon fine, in Cile, con il salvataggio dei mineros rimasti intrappolati a San José? Sembrerebbe, fortunatamente, di sì. Vi è però una vicenda che è rimasta taciuta dai media di tutto il mondo, e in un modo che ritengo assolutamente inspiegabile. Pare infatti che i minatori rimasti intrappolati a 600 metri di profondità non fossero trentatré, bensì trentaquattro.
Il trentaquattresimo, il cui nome è stato praticamente cancellato dall'elenco ufficiale, è un instancabile lavoratore chiamato Aquilles Tótaros; instancabile sì, ma nel divorare le poche provviste che i suoi sfortunati compagni erano riusciti a racimolare nel tenebroso rifugio sotterraneo dove sono rimasti per 69 giorni. Avessero dato il via a Aquilles Tótaros, le provviste non sarebbero bastate nemmeno per 69 secondi. Ma vediamo di capirne di più su questa misteriosa vicenda.
Aquilles Tótaros, esponente del Pueblo de la Libertad e di Acción Jóvenes, proviene dalla città di Escandichos, nel nord del Cile, ed era noto fino ad ora più che altro per un curioso episodio di cui fu protagonista. Rimasto troppo a lungo studente universitario senza conseguire la laurea presso la prestigiosa università di Copiapó, suo padre, stanco dell'andazzo, un bel giorno gli fece trovare in camera una bellissima e nuovissima tuta da minatore, con tanto di casco con la lampadina e gli disse in dialetto cileno settentrionale:
"Y ahora, madre de Dios, basta con este retardo...! Estoy cansado de pagarte los impuestos universitarios...! Ahora si quieres continuar, tienes que trabajar, pelandrón! A la mina, si no te ce espedisco a calcios en el culón...! "
Detto fatto; e a Aquilles toccò scendere per guadagnarsi il pane, generalmente dileggiato dai suoi compagni che lo chiamavano "El gordo de Escandichos".
Una volta accaduta la disgrazia dalla quale i minatori sono stati felicemente salvati, al caposquadra (l'oramai celebre Luis Urzúa) è stata dagli altri rivolta la domanda: "Y de éste, que ne hacemos?..." L'intenzione palese era quello di lasciarlo là sotto; ma Urzúa si è opposto fortemente con parole che meritano di essere riportate:
"Que no! Tenemos que hacerlo sortir de aqui anco a él, si no si se apoya a la pared de la mina hace crollar también las otras minas en el rayo de trecientos quilómetros!"
Naturalmente, nutrendo qualche ragionevole sospetto, Luis Urzúa ha saggiamente deciso di farlo salire per ultimo, prevedendo quel che poi è davvero successo e che le tv di tutto il mondo stanno pietosamente e imbarazzatamente nascondendo: Aquilles Tótaros è rimasto incastrato dentro la capsula Fénix. Immaginate un po' se lo avessero fatto salire prima degli altri: quelli che venivano dopo, sarebbero rimasti là sotto senza possibilità di uscita.
Nella foto: Aquilles Tótaros incastrato ancora dentro la capsula. Si noti l'espressione del tecnico a sinistra, Francisco Torsellos, che preferisce voltarsi dall'altra parte; quello a destra, Denis Verdiños, sembra voler fare qualcosa ma in realtà sta prendendo le misure della capsula per rivenderla al miglior offerente con Tótaros ancora dentro.
Il trentaquattresimo, il cui nome è stato praticamente cancellato dall'elenco ufficiale, è un instancabile lavoratore chiamato Aquilles Tótaros; instancabile sì, ma nel divorare le poche provviste che i suoi sfortunati compagni erano riusciti a racimolare nel tenebroso rifugio sotterraneo dove sono rimasti per 69 giorni. Avessero dato il via a Aquilles Tótaros, le provviste non sarebbero bastate nemmeno per 69 secondi. Ma vediamo di capirne di più su questa misteriosa vicenda.
Aquilles Tótaros, esponente del Pueblo de la Libertad e di Acción Jóvenes, proviene dalla città di Escandichos, nel nord del Cile, ed era noto fino ad ora più che altro per un curioso episodio di cui fu protagonista. Rimasto troppo a lungo studente universitario senza conseguire la laurea presso la prestigiosa università di Copiapó, suo padre, stanco dell'andazzo, un bel giorno gli fece trovare in camera una bellissima e nuovissima tuta da minatore, con tanto di casco con la lampadina e gli disse in dialetto cileno settentrionale:
"Y ahora, madre de Dios, basta con este retardo...! Estoy cansado de pagarte los impuestos universitarios...! Ahora si quieres continuar, tienes que trabajar, pelandrón! A la mina, si no te ce espedisco a calcios en el culón...! "
Detto fatto; e a Aquilles toccò scendere per guadagnarsi il pane, generalmente dileggiato dai suoi compagni che lo chiamavano "El gordo de Escandichos".
Una volta accaduta la disgrazia dalla quale i minatori sono stati felicemente salvati, al caposquadra (l'oramai celebre Luis Urzúa) è stata dagli altri rivolta la domanda: "Y de éste, que ne hacemos?..." L'intenzione palese era quello di lasciarlo là sotto; ma Urzúa si è opposto fortemente con parole che meritano di essere riportate:
"Que no! Tenemos que hacerlo sortir de aqui anco a él, si no si se apoya a la pared de la mina hace crollar también las otras minas en el rayo de trecientos quilómetros!"
Naturalmente, nutrendo qualche ragionevole sospetto, Luis Urzúa ha saggiamente deciso di farlo salire per ultimo, prevedendo quel che poi è davvero successo e che le tv di tutto il mondo stanno pietosamente e imbarazzatamente nascondendo: Aquilles Tótaros è rimasto incastrato dentro la capsula Fénix. Immaginate un po' se lo avessero fatto salire prima degli altri: quelli che venivano dopo, sarebbero rimasti là sotto senza possibilità di uscita.
Nella foto: Aquilles Tótaros incastrato ancora dentro la capsula. Si noti l'espressione del tecnico a sinistra, Francisco Torsellos, che preferisce voltarsi dall'altra parte; quello a destra, Denis Verdiños, sembra voler fare qualcosa ma in realtà sta prendendo le misure della capsula per rivenderla al miglior offerente con Tótaros ancora dentro.
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