Il 5 febbraio 2011 è prevista a Firenze una manifestazione autoreferenziale dell'"occidentalismo" di base.
Quella dell'"occidentalismo" di base è una realtà che senza affatto abbandonare le istanze bestiali ed infere che ne caratterizzano ogni azione ed ogni proposito, nell'ultimo anno ha buttato a mare un certo numero di simboli e di referenti. Tutto questo le ha permesso di aderire in blocco ad una campagna denigratrice esplicita ed ossessiva, rivolta contro l'individuo che non più tardi di quindici anni fa l'ha aiutata ad emergere in blocco dai sottoscala, quando non direttamente dalle fogne.
Ripercorrere la cronaca gazzettiera dell'ultimo anno aiuta ad inquadrare ancora meglio la mediocrità della servitù "occidentalista" e a tirare le somme sull'operato della compagine governativa che essa si fa vanto di sostenere.
L'unico risultato tangibile dell'azione politica "occidentalista" che ne emerge è rappresentato dallo riempimento delle galere, perseguito ad ogni costo e seconda logica conseguenza del clima di terrore amplificato con ogni mezzo nel corso degli ultimi dieci anni. La prima logica conseguenza di esso è stata invece la copiosa raccolta di suffragi in favore di individui di totale e cristallina incompetenza, sporchi in ogni senso ed abituati a comportarsi nelle massime sedi istituzionali di quello stato, e negli incontri con personalità rappresentanti di realtà meno sovvertite, come nessuno si azzarderebbe a fare nell'ultima delle spaghetterie.
La blindatura della rappresentanza politica in favore di elementi del genere ha reso anche la mera intenzione di partecipare in qualche modo alla "democrazia rappresentativa" qualche cosa di offensivo: perché mai individui rispettosi di se stessi dovrebbero inviare soggetti sulla cui competenza e della cui integrità non si hanno fondati dubbi, a sedere accanto a simili mangiatori di maccheroni?
Per essere completo, il quadro prevede ad ogni livello della società la sostituzione di competenze vere e proprie con propaganda pura e semplice, a partire dal mondo della formazione. L'operazione è routinaria: chi conosca anche a grandi linee la storia contemporanea sa che ad esempio, nelle prime fasi del Generalplan Ost, una delle preoccupazioni della sedicente élite nazionalsocialista fu quella di chiudere le università polacche e di avviare verso l'analfabetismo i sudditi del Governatorato Generale. L'"occidentalismo" di base, a Firenze come altrove, non ha certo i mezzi per agire su una scala anche solo lontanamente paragonabile, ed è costretto a limitarsi a saltuarie, servili ed irritanti operazioncelle di bassa delazione perfettamente rivelatrici della natura e delle inclinazioni di chi le porta a termine.
La costruzione di una "verità storica" basata sulle dicotomie da pallonaio -il pallone è e resta l'unica metafora che questi indossatori di vestitini alla moda riescono ad applicare alla categorizzazione della realtà- non ha a tutt'oggi conseguito grandi risultati: la proposizione diun tema di argomento storico su "la complessa vicenda del confine orientale" ha ottenuto ai cosiddetti "esami di 'Stato'" del 2010 il gradimento dello 0,6% dei candidati.
L'azione propagandistica "occidentalista" va avanti da diversi anni ed un risultato di questo genere avrebbe dovuto già indurre i suoi promotori a qualche riflessione, se la riflessione, in quell'immenso pallonaio metaforico che è la vita dell'"occidentalista" tipico, non fosse un'attività abitualmente esclusa.
Secondo la sua stessa propaganda, la gioventù "occidentalista" sarebbe commemoratrice unica di vicende postulate come "nazionalmente condivise", e soprattutto delle vittime e dei vittimi che gli strascichi conclusivi di una guerra mondiale -condotta in modo a dir poco mandolinesco da poteri, individui ed organizzazioni ancora oggi fittamente rappresentati nell'iconografia "occidentalista"- provocarono sul confine geografico orientale della penisola italiana.
Questa commemorazione è unica occasione annuale per un'uscita pubblica di Casaggì e dei suoi sostenitori, talmente sparuti che una insistita aneddotica che circola da qualche tempo non si pèrita di ridurli ad una sola persona. Casaggì fa da megafono al governo dello stato che occupa la penisola italiana e questa funzione si traduce nella diffusione acritica delle istanze della propaganda, localmente edulcorata con qualche proclama velleitario.
E ai proclami velleitari Casaggì è costretta a fermarsi. A carico del maggior partito "occidentalista" della penisola esiste da sempre una documentata casistica che ne attesta l'assoluta mancanza di collegialità e di decisioni condivise, e lo spiccato turnover di sostenitori ed elettorato passivo anche in epoche lontane dal crollo dei tesseramenti, nel luglio scorso valutati in trecento in tutta Firenze da parte degli stessi portavoce del "partito". In altri termini è sufficiente una parola di troppo per essere istantaneamente allontanati dal truogolo, e la cosa non è un mistero per nessuno. Sono tollerati quanti ostentino in pubblico ed in privato un atteggiamento in cui il servilismo menzognero e ciarliero, la cattiveria spicciola e la ripetizione ecoica delle parole d'ordine piovute dall'alto siano ammantate da un'ostentata condivisione delle abitudini, dei gusti e degli interessi personali del fondatore.
E qui cominciano i problemi.
Cominciano i problemi perché il fondatore del maggior partito "occidentalista" della penisola nel corso degli ultimi anni si è segnalato soprattutto per il modo, che potremmo difinire assai disinvolto, con cui è solito trascorrere il proprio tempo libero.
Casaggì per prima fornisce del materiale di un certo interesse. L'operazione vandalo-propagandistica del tredici gennaio 2011 le è valsa il risentimento di un certo Mattei e l'ha costretta ad un repentino cambio di registro, cui ha fatto probabile seguito una profondissima revisione dei propri programmi. L'assemblea di preparazione all'iniziativa era però stata abbastanza pubblicizzata.
Si viene a sapere dagli stessi interessati che ad essa hanno partecipato "vecchi militanti con un quindicennio di attivismo alle spalle, quadri intermedi, militanti di base e una trentina di ragazzi appena arrivati, il più grande dei quali non ha ancora diciotto anni".
Il più grande dei quali non ha ancora diciotto anni.
Su che età abbia la più grande delle quali non si hanno informazioni.
Al di là dei "punti di riferimento comunitari" che verranno loro proposti, su quale concetto abbiano dei minorenni -e soprattutto delle minorenni- ai massimi livelli del "partito" esiste una pubblicistica molto abbondante e molto chiara.
Sulla propensione dei subordinati ad imitare usi ed abitudini del vertice, anche.
Siano i nostri lettori a tirare le conclusioni che sembreranno loro più appropriate.
Il nostro auspicio è che Casaggì, presa tra padroni dalla condotta irriferibile (e sì che è andata a sceglierseli sua sponte, e proprio in tempo...), cause autoreferenziali e neglette (per non dire impopolari) e l'aperta ostilità di amministratori stanchi morti di tenere a bada da un anno all'altro una sterile conventicola di imbrattamuri, colga l'occasione per dichiarare conclusa la propria esperienza.
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